La Russia vuole vietare auto d’importazione alle aziende pubbliche
La guerra civile in Ucraina rischia di riverberarsi in modo sempre più pesante sull’industria europea. Dopo le sanzioni adottate contro la Russia, la risposta di Putin non si è fatta attendere e potrebbe presto riguardare anche il settore dell’auto.
Il governo russo, infatti, si sta preparando a proibire alle compagnie di Stato l’acquisto all’estero di auto, prodotti di metallurgia e macchinari pesanti, le quali abbiano una produzione analoga in patria da cui attingere. A darne notizia è stato il giornale Kommersant, il quale ha anche svelato che il provvedimento in gestazione potrebbe riguardare le società di cui oltre il 50% è di proprietà pubblica. Lo strumento attraverso il quale verrà applicato, saranno le direttive impartite ai rappresentanti dello Stato nei consigli di amministrazione, oltre ai cambiamenti dei regolamenti aziendali in materia di appalti. Il documento in fase di ultimazione sarebbe ora all’esame del vicepremier Igor Shuvalov, il quale dovrebbe poi inviarlo all’agenzia federale per la gestione del patrimonio statale Rosimushchestvo.
Una volta espletati i passaggi necessari, la direttiva dovrebbe entrare in vigore entro fine anno, segnando un nuovo vulnus nelle relazioni tra Russia e Occidente, dopo i fatti ucraini e le sanzioni emanate contro il paese ritenuto responsabile di un vero e proprio attentato all’integrità territoriale di Kiev. La direttiva di cui si parla, sembra destinata a colpire in maniera molto significativa il mondo dell’auto, risparmiando però il settore delle supercar. Non solo Ferrari e Porsche non dovrebbero essere minimamente toccate, ma anche la Mercedes, che rappresenta il marchio estero più diffuso nel parco auto di funzionari ed enti pubblici, sarebbe colpita solo marginalmente, in quanto le commesse statali rappresentano appena l’1% delle vendite russe. La stessa Kommersant ha comunque ricordato come di fronte al provvedimento siano state espresse alcune critiche miste ad una certa preoccupazione, soprattutto all’interno di Aeroflot e Transneft, che lasciano pensare come la partita sia ancora aperta.